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Lettera a Lucilio – Lucio Anneo Seneca

«Seneca scrisse le Lettere a Lucilio dopo essersi ritirato dalla vita politica, tra il 62 e il 65 d.C. Esse rappresentano, in certo qual modo, la summa del suo pensiero filosofico e della sua attitudine protrettica, nell’esortazione incessante alla cura di sé e alla pratica della virtù. La prima delle Lettere si apre con il celebre motto: vindica te tibi, “rivendica te a te stesso”. Non farsi alienare dalle cose esterne e non farsi sottrarre dagli altri e dagli automatismi della quotidianità quel bene prezioso, fuggevole e spesso impensato, che è il tempo. Il rapporto consapevole con la temporalità dell’esistenza è parte essenziale della ricerca della felicità. Non può essere padrone di sé né tanto meno felice chi non è cosciente di ciò che ha vissuto, chi è preda di timori e di speranze che riguardano il futuro, chi si lascia sfuggire inavvertitamente il presente e non si pone pienamente in esso per realizzare tutte le potenzialità della propria natura. Bisogna omnes horas complectere, “abbracciare ogni momento”, fare tesoro di ogni istante della vita, abitando saldamente in esso», Susanetti, D. (a cura di), La felicità degli antichi: Idee e immagini di una buona vita, Feltrinelli, Milano 2018.

LETTERA A LUCILIO

di Lucio Anneo Seneca

1. Comportati così, mio caro Lucilio: rivendica i tuoi diritti su te stesso, e il tempo che fino a oggi ti era portato via o ti veniva rubato o ancora ti sfuggiva di mano, raccoglilo e custodiscilo con cura. Persuaditi che le cose stanno proprio come ti scrivo: parte del nostro tempo ci viene sottratta, parte strappata e parte ancora ci sfugge via. Ma, in tutto ciò, la perdita più vergognosa è quella dovuta alla nostra negligenza. Pensaci bene: una gran parte della vita ci scivola via nel fare il male, la maggior parte nel non fare nulla e tutta quanta nell’agire diversamente da come dovremmo.

2. Potresti indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo e alla sua giornata, che sia consapevole di morire ogni giorno? È proprio questo il nostro errore: immaginiamo la morte davanti a noi, come un evento futuro, mentre gran parte di essa è già alle nostre spalle, e ogni momento della nostra vita passata appartiene alla morte. Dunque, caro Lucilio, comportati come mi scrivi: fai tesoro di ogni istante. Sarai meno schiavo del futuro, se sarai padrone del presente. Mentre rinviamo i nostri impegni e le nostre scelte, la vita se ne va.

3. Nulla ci appartiene, caro Lucilio: solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di quest’unico bene, labile e fuggevole, ma ce lo lasciamo sottrarre dal primo venuto. Gli uomini sono tanto sciocchi: quando acquistano beni di nessun valore, la cui perdita potrebbe in ogni caso essere compensata, accettano che vengano messi loro in conto e, invece, nessuno pensa di dovere alcunché per il tempo che fa perdere agli altri, mentre questo è l’unico bene che, anche ad essere riconoscenti, non è possibile restituire.

4. Mi chiederai come mi comporto io, che ti do questi consigli. Ti risponderò con franchezza: tengo un conto preciso delle mie spese, come un uomo che ama spendere, ma controlla con cura il suo bilancio. Non posso affermare di non avere alcuna perdita, ma sono in grado di dire che cosa perdo, come e perché. In altre parole, posso spiegare i motivi della mia povertà. Capita anche a me quello che accade alla maggior parte degli uomini caduti in miseria senza colpa: tutti sono pronti a compatirli, ma nessuno li aiuta.5. E allora? Non considero povero chi si accontenta di quel poco che gli resta, ma è meglio che tu conservi tutti i tuoi beni. E avrai iniziato a farlo al momento giusto. Perché, come dicevano i nostri vecchi, è troppo tardi risparmiare il vino quando si è arrivati al fondo. Quel che resta è solo un poco di feccia. Ti saluto.

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