Vai al contenuto

Il fondo del sacco – Plinio Martini

Uno dei testi fondamentali della letteratura svizzera del Novecento. I toni struggenti della selezione di brani che abbiamo scelto esprimono il dolore del ricordo, dell’emigrazione e degli amori perduti, nonché il senso del radicamento.

Ricordiamo che Flamingo Edizioni ha avuto l’opportunità di intervistare Margherita Saltamacchia, attrice e regista teatrale, che ha realizzato uno spettacolo teatrale di successo su Il fondo del sacco. Potete trovare la punta di “Leggermente” al link https://www.youtube.com/watch?v=EzwdysUsdsc

IL FONDO DEL SACCO (1970)

di Plinio Martini

Non tornerò in America, forse resisterò anche alla tentazione di farci una scappata a salutare gli amici; so già cosa si sente a ritrovare della gente invecchiata e dei posti che non sono più quelli. Mi devo rassegnare. Ormai sono un pover’uomo che ha soltanto un mucchio di tristezze da tirar dietro: per me la vita è diventata come una domenica d’agosto passata in casa quando sono andati via tutti. E intanto che guardo fuori dalla finestra e vedo le solite cose, penso che sarebbe troppo bello girare indietro la vita come i chilometri dell’auto e metterli a zero, alla stazione quel giorno che sono partito, e c’era Maddalena: la stazione era una scatola di zolfanelli messa in capo a quei due binari a scartamento ridotto che avevamo in valle, e maledico ancora oggi il trenino che mi ha portato via. Potessi tornarci, ti giuro che mi sederei sulla valigia testardo come il vitellone che non vuole più salire e gli devono lasciar fare la notte a metà strada dal corte. Ma sono ragionamenti di oggi; allora ero soltanto un ragazzo, e perché avevo il biglietto in tasca pensavo di dover partire.

Eppure vedi, con tutto quello che c’era da patire qui, fino a quando sono stato in America credo di non aver passato un giorno senza tirar su un sospiro per i nostri luoghi. Il destino di un uomo è quello di affezionarsi anche alle ginestre se ci è nato, a un paese che non puoi neanche metterti giù con comodo in un prato, e già ti trovi una brancata di ricci nel sedere.Quella vigilia, quando cominciò a diventar scuro e potei chiudere la stalla e rientrare nella baracca a tirar fuori gli stivali conci di fango, perché d’inverno il ranch diventava un pantano, pensai al bel fuoco che avrei trovato in casa nostra a scaldarmi i piedi ingranchiti, e immaginai la festa che avrebbero avuto i miei fratelli: Gesù Bambino a quelli più piccoli avrebbe portato un’arancia e una manciata di castagne secche, e sarebbero stati felici; cominciavo a capire che la felicità è fatta di niente, e che io avevo proprio perduto quel niente che può far contento un uomo.

Rispondi