La follia è per Edgar Allan Poe un punto di osservazione privilegiato sul Bene e il Male, un bagliore di luce che illumina l’eterno, il “grande segreto”. Buona lettura!
ELEONORA (1841)
di Edgar Allan Poe
Provengo da una stirpe nota per il vigore della fantasia e l’ardore passionale. Mi han detto folle; ma ancora non s’è sciolto l’interrogativo, se la follia sia o meno l’intelligenza più sublime; se lo splendore, l’abisso e l’arcano non traggano origine da una malattia del pensare, da umori della mente sovraeccitata a danno dell’intelletto quotidiano. Coloro che sognano di giorno sono esperti di molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte. In perlacee visioni balenano a costoro frammenti d’eterno e, allorché si riscuotono, rabbrividendo si avvedono di aver sfiorato l’orlo del grande segreto. Hanno colto indizi della conoscenza del bene, e anche più dei meri indizi della cognizione del male. Si inoltrano, senza timone e bussola, per l’oceano sterminato della «luce ineffabile», e una volta ancora, come i naviganti avventurosi del geografo nubiano, «aggressi sunt mare tenebrarum, quid in eo esset exploraturi» [affrontarono il mare delle tenebre, per esplorare che cosa ci fosse in esso].