«Agnes è morta. L’ha uccisa un racconto». Così si apre il primo libro dello scrittore e giornalista svizzero Peter Stamm, che ci ha regalato una storia in cui vita e letteratura si intrecciano in maniera quasi morbosa, in una maniera che ricorda molto il geniale film di Charlie Kaufman Synecdoche, New York, in cui un regista teatrale, interpretato da Philip Seymour Hoffman, scrive una pièce sulla propria vita, inserendo tutti i dettagli possibili. Inoltre, non mancano nel romanzo riflessioni profonde sull’esistenza e sul suo significato, come mostrato nelle citazioni che abbiamo selezionato per voi.
AGNES (1998)
di Peter Stamm
«Forse c’è una specie di vita eterna», dissi, e chiusi la finestra. I rumori sommessi della notte, provenienti dall’esterno, si spensero, e sentimmo che lo spazio nella stanza, intorno a noi, si era fatto angusto. «In un modo o nell’altro, tutti continuiamo a vivere dopo la morte. Nel ricordo di altre persone, dei nostri figli. E in ciò che abbiamo realizzato».
«È per questo che scrivi libri? Perché non hai figli?»
«Io non voglio vivere in eterno. Al contrario. Vorrei non lasciare traccia».
«Non è vero», disse Agnes.
«Vieni», dissi, «torniamo a letto è ancora troppo presto».
«Conosci Stonehenge?» chiese Agnes strada facendo.
«Ci sono stato una volta», risposi. «È stato tremendo. Una strada trafficata ci passa proprio accanto e tutta la zona è una gigantesca fiera. I massi si intravedono appena per via di tutte le bancarelle di souvenir».«Io non ci sono mai stata, ma ho letto una teoria. Di una donna. Non ricordo il nome. Diceva che i massi non hanno alcun significato astrologico o mitologico, bensì sarebbero stati disposti così dagli uomini preistorici solo per lasciare una traccia, un segno. Perché temevano di perdersi nella natura, di scomparire. Volevano tramandare qualcosa, per dimostrare che lì era esistito qualcuno, che lì avevano vissuto degli uomini».