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Ora zero – James Graham Ballard

Come ha scritto il grande Arthur C. Clarke, noto autore di 2001: Odissea nello spazio, il genere fantascientifico ha la difficoltà congenita di dover descrivere, soprattutto nell’hard sci-fi, un mondo totalmente inventato, spesso con una cura maniacale del dettaglio tecnico. Pertanto, il romanzo sembrerebbe lo sbocco naturale dell’autore fantascientifico. 

Eppure, non sono pochi gli autori, tra i quali lo stesso Clarke, che si sono cimentati nell’esprimere in poche decine di pagine – a volte in poche righe – un concetto, un paesaggio, un’idea folgorante che si imprime nell’immaginario del lettore: «il racconto sta all’intero genere fantascientifico come il sonetto al poema epico. La sfida sta nel creare la perfezione nel più breve spazio possibile» (Arthur C. Clarke).

Tra i grandi scrittori di racconti del genere, non possiamo non ricordare James Graham Ballard, uno dei massimi autori britannici del Novecento, autore, tra gli altri di CrashCondominiumUltime notizie dell’America. Qui lo omaggiamo con Ora zero (ai lettori più giovani non sfuggirà una somiglianza con il manga e anime Death Note).

ORA ZERO (1981)

di James Graham Ballard

Le ultime righe che scrissi furono:

“… Poco dopo le due del pomeriggio seguente, mentre, dal suo solito posto sulla scala del settimo piano, spiava gli impiegati che tornavano in ritardo dal pranzo, Rankin d’un tratto perse l’equilibrio, ruzzolò oltre la ringhiera, e precipitò nell’atrio, dove morì”.

     Mentre scrivevo questa scena immaginaria, pensai che si trattasse del solito sfogo insufficiente a rendermi giustizia, e non mi resi certo conto che un’arma di enorme potenza mi era stata posta dolcemente tra le dita.

     Tornando in ufficio dopo pranzo, il giorno seguente, mi meravigliai nel trovare una piccola folla radunata fuori dell’entrata, e una macchina della polizia e un’ambulanza parcheggiate accanto al marciapiedi. Mentre salivo gli scalini, vari poliziotti uscirono dal palazzo, facendo strada a due inservienti che portavano una barella col suo carico coperto da un lenzuolo. La faccia era nascosta. Dai discorsi della gente intorno a me capii che era morto qualcuno. Comparvero due dei direttori, col viso tirato e l’aria scossa.

  — Chi è morto? — chiesi a uno dei fattorini che stavano lì vicino col fiato sospeso.  — Il signor Rankin — sussurrò lui. Indicò il pozzo delle scale. — È scivolato vicino alla ringhiera del settimo piano, è caduto giù, e ha mandato completamente in frantumi una di quelle grandi mattonelle, là vicino all’ascensore…

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