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La musica e l’ineffabile – Vladimir Jankélévitch

Il filosofo e musicologo francese ci interroga sul significato della musica, la sua sconcertante ambivalenza: quando ascoltiamo la musica ci divertiamo, ci svaghiamo, o accediamo ad uno stadio più profondo della nostra coscienza, siamo illuminati?

Oltre a La musica e l’ineffabile, consigliamo anche la lettura di Debussy e il mistero (1949): «Il mistero è lo specifico della musica […] L’inesprimibile che […] è fatto per essere venerato, non per essere risolto…».

LA MUSICA E L’INEFFABILE (1961)

di Vladimir Jankélévitch

Cos’è la musica? si chiedeva Gabriel Fauré alla ricerca del “punto intraducibile”, la chimera irreale che ci eleva «al di sopra di ciò che è…». Era il momento in cui Fauré abbozzava il secondo movimento del suo primo Quintetto, e non sapeva cosa fosse la musica, e nemmeno se fosse qualcosa! C’è una doppia complicazione nella musica, che genera problemi metafisici e problemi morali, e ben progettata per mantenere la nostra perplessità. Da un lato, la musica è allo stesso tempo espressiva e inespressiva, seria e frivola, profonda e superficiale; ha significato e non ha significato. L’intrattenimento musicale è senza scopo? oppure è una lingua cifrata, come il geroglifico di un mistero? O forse entrambi insieme? Ma questo equivoco essenziale ha anche un aspetto morale: esiste un contrasto sconcertante, una sproporzione ironica e scandalosa tra il potere incantatore della musica e la fondamentale inevitabilità della bellezza musicale. Di volta in volta un’evidenza sublime e travolgente; il Salmo XIII di Liszt, la Sinfonia in fa maggiore, op. 76 di Dvořák, il secondo Quartettodi Fauré, Parfums de la nuit, Kitiège e Boris Godounov sembrano risolvere definitivamente l’ambiguità… Ma rinasce la ridicola contraddizione, insolubile tra i poteri della musica e l’ambiguità della musica! Il fascino che esercita la musica è un’impostura o un principio di saggezza? Dovremo indagare se la parola di queste contraddizioni non sia proprio nell’impalpabile operazione di fascino e nell’innocenza di un atto poetico che ha come unica dimensione il tempo.

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