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Il Profumo – Patrick Süskind

IL PROFUMO (1985)
di Patrick Süskind

Un innato bisogno d’amore regola le relazioni umane. È nella nostra natura, scorre nel nostro sangue. Ogni rapporto d’amore richiede, poi, una reciprocità: un donare e un ricevere che spesso però non trovano un equilibrio salutare, una chimica appropriata.
È questa la tematica che attraversa le pagine de’ Il profumo, il cui protagonista, Jean-Baptiste Grenouille, è incapace tanto di suscitare affetto quanto di dispensarlo. Ripudiato dalla madre al momento della nascita, rifiutato dai religiosi e dalle balie che lo allevano negli anni dell’infanzia, allontanato dall’orfanotrofio dove viene cresciuto, per poi passare, come apprendista, da un maestro all’altro, il ragazzo sopravvive però a tutte le avversità a cui la vita lo sottopone, e diventa un mostro.
La storia si svolge nella Francia di metà ’700, dove l’oscurità dell’ignoranza e della superstizione è in piena lotta con la luce del progresso e della ragione, e dove gli odori, o meglio, i cattivi odori, dilagano in ogni luogo:
Al tempo in cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orine, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell’umido di piumini e dell’odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzza di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo dei solventi, dai macelli il puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c’era puzza sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l’apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d’estate sia d’inverno.

(PATRICK SÜSKIND, Il profumo, Longanesi & C., Bergamo 1986, pp. 9-10)


In un contesto del genere, è sia un dono che una maledizione possedere un olfatto di una sensibilità estrema come quello di Jean-Baptiste Grenouille. Sarà proprio il suo naso sopraffino a indicargli, come l’ago di una bussola, la strada da percorrere e a farlo addentrare nel volatile mondo degli odori. Il percorso che dovrà intraprendere si disegnerà nella sua mente con una chiarezza inquietante: farsi assumere come apprendista da un noto profumiere di Parigi, rubarne i segreti del mestiere per infine produrre l’essenza più sublime che sia mai esistita, capace di suscitare amore in chiunque la odori. Uno scopo, quindi, che cela quel bisogno di corrispondenza con gli altri che non ha mai goduto, ma che si trasforma anche in una ricerca identitaria quando il ragazzo si accorgerà di non avere, al contrario di tutti gli esseri umani, un odore proprio. Per raggiungere i suoi obiettivi Jean-Baptiste Grenouille non si farà scrupoli. Sarà disposto anche ad uccidere, senza rimorsi di coscienza, per rubare gli ingredienti fondamentali che necessita: gli odori inebrianti di giovani donne.

Per Grenouille era chiaro che senza il possesso di quel profumo la sua vita non aveva più alcun senso. Doveva conoscerlo fin nei minimi dettagli, fin nell’ultima e più minuta delle sue particelle: ricordarlo solamente nel suo insieme non gli bastava. Voleva imprimere come un marchio questo profumo di apoteosi e caos della sua anima nera, analizzarlo con la massima esattezza e da allora in poi pensare, vivere, annusare soltanto secondo le strutture interne di questa formula magica. Si avviò lentamente verso la fanciulla, sempre più vicino, finché, sotto la tettoia, si fermò a un passo dalle sue spalle. Lei non lo udì. Aveva capelli rossi e portava un vestito grigio senza maniche. Le sue braccia erano di un bianco candido, e le mani erano gialle per il succo delle mirabelle tagliate. Grenouille stava curvo sopra di lei e aspirava il suo odore ora totalmente puro, così come saliva dalla sua nuca, dai suoi capelli, dalla
scollatura del suo vestito, e lo lasciava scorrere dentro di sé come una lieve brezza. Non si era mai sentito così bene.

(PATRICK SÜSKIND, Il profumo, Longanesi & C., Bergamo 1986, p. 48)

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