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“Dialoghi con l’ospite inquietante” – Francesco Boco

Che l’Occidente versi in una grave crisi strutturale è un giudizio molto diffuso. Il giornalista e filosofo Francesco Boco, con Dialoghi con l’ospite inquietante, ha gettato luce sulla confusione e sulla deriva sociale attuale partendo dal pensiero di due grandi filosofi, Oswald Spengler e Martin Heidegger.

Perché abbia scelto proprio loro è presto detto. “Spengler e Heidegger sono due nomi ‘decisivi’ nel panorama filosofico novecentesco. Il Tramonto dell’Occidente di Spengler ha segnato in maniera indelebile il dibattito culturale dopo la fine della Grande Guerra, influenzando profondamente moltissimi autori di alto spessore. La ricchezza, talvolta controversa, del testo ha fissato dei termini di paragone essenziali per tutta la filosofia della storia contemporanea. Da parte sua Martin Heidegger ha proceduto a un’opera di decostruzione e riscrittura di tutta la filosofia europea a partire dalle sue più lontane radici. La sua è un’opera che agisce nelle profondità del linguaggio per provocare un mutamento nell’esistenza reale, mondana. Più di altri, insomma, questi due autori forniscono le basi per una rilettura e un’autentica comprensione dell’epoca attuale. Aprono nuove vie, spingono il pensiero su sentieri inesauribili. Molto di ciò che è stato scritto dopo di loro, dipende da ciò che loro hanno detto, in modo più o meno esplicito”.

Per Spengler quanto accade è solo l’inevitabile esito di scelte storiche operate nel corso dei secoli; nel suo pensiero i termini ‘crisi’, ‘decadenza’ e ‘tramonto’ assumono il significato di un momento epocale in cui si trova una società. Li usa come termini diagnostici e non valutativi. Heidegger, per contro, ragiona chiedendosi che cosa ne è dell’Essere. Conclude che il suo nascondimento viene dimenticato ed è questa dimenticanza a determinare la crisi. Essa peraltro è indagata in modo diverso dai due autori. Come spiega Boco, “per Spengler è un fatto storico, che si declina sul piano sociale, politico ed economico ma non ha praticamente alcun risvolto metafisico o ontologico. Per Heidegger è invece un fatto primariamente ontologico, cioè inerente al nascondimento dell’Essere alla comprensione umana. Il mondo si svuota di significato”. 

Spengler dal canto suo “introduce una visione meno deterministica, un’apertura volontaristica affidata a un atto decisivo in grado di invertire la china degli eventi”; Heidegger vede un rovesciamento possibile anche nel momento di massimo nichilismo. In conclusione, per entrambi è ancora possibile trovare la via di uscita dalla crisi dell’Occidente e dell’Europa in particolare.

E per Boco? “Per me la crisi è un fatto storico-ontologico. Cerco nel mio piccolo di mettere assieme gli elementi di una ontologia storica che permetta di concepire la crisi come uno stadio della storia europea in cui è in gioco l’essere della nostra civiltà. Essere che è sempre un fatto storico e che solo nella storia attiva può manifestarsi agli uomini, può cioè farsi mondo. Il piano storico e quello essenziale non sono quindi separati. È proprio questa separazione, questo distanziamento dall’essere autentico della civiltà europea, a dover essere superato. Pena la scomparsa dalla storia del mondo”. 

Nella sua trattazione, scritta in un linguaggio accessibile a tutti e rivolta “a tutti i buoni europei” che si pongono le giuste domande, si sofferma anche sulle problematiche che emergono dal pensiero di entrambi. È conscio che entrambi sono stati in grado di prefigurare quel che sarebbe successo in Occidente. “Non nei termini fenomenici specifici, ma nei presupposti essenziali, nelle linee di sviluppo tecniche, nella china assunta dal prevalere dell’economico sul politico, mi pare che la risposta possa essere affermativa. Anticipare i tempi che noi oggi viviamo è servito solo in parte, ma per lo meno ha fornito le armi concettuali di un domandare rettamente orientato. E non è poco”.

Paola Bernasconi

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