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Un fisico che è anche un personaggio felliniano e che vuole unire Proust a Wallace! Intervista a Guido Anselmi

 È un fisico che si fa chiamare come un personaggio di Fellini e vuole unire Wallace e Proust, parlando di amicizia: ecco “Coinquilini a Bologna”
Ha scelto come pseudonimo Guido Anselmi, e analizza la convivenza di quattro studenti universitari sotto lo stesso tetto. “La laure in fisica? La repulsione spinge agli opposti. Con la scrittura non si deve rendere conto a nessuno. Sono sempre stato un lettore”
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BELLINZONA – Una storia di amicizia, che si fortifica vivendo sotto lo stesso tetto: da coinquilini, appunto, a Bologna, città dove l’autore ha vissuto. Usa uno pseudonimo, è laureato in fisica, ha pubblicato per la Flamingo Edizioni e cerca di coniugare diversi grandi nella sua opera.

A parlarci del suo libro è lo stesso Guido Anselmi: non il personaggio di Fellini, anche se un legame forte c’è.

Ci parli della sua opera in poche parole: di che cosa tratta? Che genere la definirebbe?
“Coinquilini a Bologna” è un romanzo di narrativa moderna, che racconta della convivenza tra quattro ragazzi in età universitaria, e del loro modo di affrontare le mutevoli circostanze che vivere in una stessa casa produce in degli sconosciuti. La storia, nel senso dello svolgimento degli eventi, è inventata, ma l’idea del racconto nasce da un’esperienza simile, vissuta da me in prima persona in un appartamento Bolognese , nel corso del secondo anno del mio master universitario”.

Una storia di amicizia: come mai ha deciso di trattare questo tema? Un sentimento come l’amicizia, oppure l’amore, quanto conta e quanto si possono sviluppare nel mondo odierno?
“Uno dei temi predominanti è sicuramente l’amicizia, in quanto come pilastro alla base della nascita di questa storia c’era la volontà di comunicare quanto un rapporto umano si possa consolidare per il solo fatto di divedere un tetto e quattro mura, diventando qualcosa di stabile e duraturo, resistente al tempo, un punto di riferimento, proprio come lo è in una mappa il perimetro di una città in cui si è vissuto , anche solo per un anno”.

Chi è Guido Anselmi? Prima di tutto, perché la voglia di nascondersi dietro uno pseudonimo?
“Questo non è il primo libro che scrivo a nome Guido Anselmi, ma è certamente quello che più rappresenta questo mio impalpabile alter ego letterario. Infatti, a differenza degli altri casi, la voce narrante di quest’opera si identifica pienamente con l’idea che mi sono fatto di questa parte del mio carattere, più timida e introversa, riflessiva, dedita ad osservare il mondo ancor prima di avere il coraggio di addentrarvisi. Per le prime righe che scrissi con questo pseudonimo, perlopiù poesie e versi molto personali, il nome serviva anche a nascondere l’imbarazzo, a trovare quel compromesso che ogni persona che si trova a scrivere cerca tra il voler essere letto e compreso e il volere scomparire dietro le proprie parole stampate. La paternità del nome spetta al genio di Federico Fellini, che lo scelse per il personaggio principale del suo otto e mezzo, impersonato da Mastroianni, e la decisione di rubarglielo viene dall’infantile desiderio di immedesimarmi contemporaneamente in uno dei personaggi e degli attori che ho più amato. Come se non bastasse, ho ritrovato, nel Guido Anselmi del film , una percentuale di quell’atteggiamento incline al lasciarsi vivere che ho scelto di dare al mio protagonista”.

Dalla biografia, lei ha una laurea in Fisica oltre alla passione per la letteratura e il teatro. Come convivono in lei? Fra esse, ci sono similitudini oltre che differenze? Si potrebbe leggerlo come un amore che si rivolge a razionalità da un lato e emozionalità dall’altro?
“La laurea in fisica è servita da stimolo per la scrittura non tanto per le sue similitudini con essa, quanto più per una sorta di effetto contrario , di repulsione che spinge ad interessarsi agli opposti.
Anche se può non sembrare, fisica e matematica richiedono un largo impiego di fantasia e creatività, ma è un tipo di inventiva sempre dedito ad esplorare quella parte del pensiero umano che è a contatto con razionalità e astrazione , è mai con soggettività o sentimento. Spesso in questi campi, e credo nella scienza in generale, è sconsigliato e inopportuno pronunciarsi su argomenti di cui non si ha piena conoscenza, e dunque capita di sentire una certa pressione nel dedicarvisi , come se qualunque frase che si spenda a riguardo debba sempre essere soggetta ad una qualche forma di valutazione. La scrittura mi piace proprio per questo, perché non deve rendere conto a nessuno, e scrivendo si prova una libertà che ha a che fare solamente col proprio gusto personale e col proprio modo di vedere il mondo”.

È influenzato da diversi generi e diverse epoche, quali in particolare? Cosa le piace di essi e come si possono coniugare?
“Ho sempre letto con piacere, ed ogni volta nei miei continui passatempi letterari era la lettura del momento ad influenzarmi maggiormente, per stile o per il diverso modo di interpretare la scrittura.  Nel caso di “Coinquilini a Bologna”, avevo da poco terminato la lettura di Infinite Jest di Wollace , e venivo al contempo dalla recente conclusione della Ricerca di Proust, entrambe opere monumentali e impegnative, persino faticose, sotto certi aspetti, ma che mi avevano profondamente colpito per la loro forza e bellezza. Ricordo che mi capitò di pensare che se l’ironia intelligente e visionaria di Wollace si fosse adattata con la profonda e minuziosa analisi psicologica dei personaggi di Proust, il prodotto sarebbe stato quanto di più vicino al mio ideale di perfezione in letteratura. Pur consapevole di essere ben lontano dal poter raggiungere un simile obbiettivo, il libro nacque dal tentativo di conciliare questi due aspetti”.

Libro: “Coinquilini a Bologna”, Guido Anselmi, Flamingo Edizioni

Pubblicato il 13.12.2017 09:00

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